Perché non
esiste
reintegrazione
in assenza
di
riconciliazione,
perché non
esiste
riconciliazione
in assenza
di Culto
Divino,
perché non
esiste Culto
Divino in
assenza di
sacerdote,
perché non
esiste
sacerdote in
assenza di
purificazione,
perché non
esiste
purificazione
in assenza
di presa di
coscienza
interiore.
Questa
la
progressione.
Osserviamo
la mente
degli
sprovveduti
e la favella
degli
ignoranti
centrale sia
il
questionare
attorno
all’accesso
delle donne
al rango
sacerdotale.
Tale
questione
rappresenta,
in ogni sua
forma ed in
ogni sua
argomentazione,
l’esatta
immagine del
degrado
intellettuale
in cui versa
l’ambiente
un ambiente
pseudo
iniziatico
oppresso da
un mal
compreso
egualitarismo
e
revanscismo
sociale. A
nostro
avviso
l’accesso al
ruolo e alla
funzione
sacerdotale
non trova
discriminante
nel genere
maschile o
femminile,
ma nel
possesso di
determinati
requisiti
mentali e
spirituali
indefettibili
di cui
parleremo in
seguito.
Se quanto
sopra è
errore
indotto
dall’aver
permesso
l’ingresso
di istanze
profane
all’interno
dei nostri
perimetri,
unitamente
alla scarsa
statura di
certi
tribuni del
popolo,
altra
sciagura è
rappresentata
dal
teosofismo
strisciante.
Ci siamo già
spesi
attorno a
questo
deleterio
metodo, che
tutto
accumuna e
tutto
snatura
all’interno
di una
fantastoria
priva di
costrutto,
ed è quindi
inutile
elencarne i
difetti
mortali.
Parleremo
quindi di un
altro errore,
il terzo,
che avvelena
la
comprensione
del modello
sacerdotale
martinista.
Ad oggi il
sacro-fare
martinista è
stato
studiato e
valutato da
molti nostri
fratelli,
non tanto
con
l’intenzione
di
comprenderne
i tratti
distintivi,
quanto
piuttosto
con un
retaggio
culturale
cattolico,
se non di
aprioristica
sudditanza
nei
confronti
della
tradizione
ebraica.
Essa è
sicuramente
degna di
rispetto e
di
considerazione,
così come
tutte le
altre
tradizioni
religiose e
spirituali,
ma è cosa
assai
diversa,
nella forma
e nella
sostanza,
dalle radici
del
martinismo.
Radici che
trovano
fondamento
nella
tradizione
ermetico
cristiana, o
gnostica
cristiana,
ed
espressione
nell’insieme
simbolico,
mitologico e
narrativo
del Nuovo
Testamento e
delle
letture
allegoriche
ad esso
associate.
Ecco quindi
che per
comprendere
la valenza
del grado di
Superiore
Incognito
non possiamo
certamente
riferirci a
quanto
descritto
dall’Antico
Testamento,
o peggio
attenerci
alle sue
regole, e
ciò, è bene
ribadirlo
non per
discredito
dello stesso,
ma perché si
connette ad
altro non
paragonabile
con il
nostro campo
di inferenza
magica
spirituale.
L’immagine
del
sacerdote
dell’Antico
Testamento è
in se e per
se chiara, e
non
necessita di
eccessivi e
sottili
interpretazioni.
Esodo 7,19
Il Signore
disse a
Mosè:
«Comanda ad
Aronne:
Prendi il
tuo bastone
e stendi la
mano sulle
acque degli
Egiziani,
sui loro
fiumi,
canali,
stagni, e su
tutte le
loro
raccolte di
acqua;
diventino
sangue, e ci
sia sangue
in tutto il
paese
d'Egitto,
perfino nei
recipienti
di legno e
di pietra!».
Genesi 22,2
Riprese:
«Prendi tuo
figlio, il
tuo unico
figlio che
ami, Isacco,
va' nel
territorio
di Moria e
offrilo in
olocausto su
di un monte
che io ti
indicherò».
Genesi 22,3
Abramo si
alzò di buon
mattino,
sellò
l'asino,
prese con sé
due servi e
il figlio
Isacco,
spaccò la
legna per
l'olocausto
e si mise in
viaggio
verso il
luogo che
Dio gli
aveva
indicato.
Genesi 22,6
Abramo prese
la legna
dell'olocausto
e la caricò
sul figlio
Isacco,
prese in
mano il
fuoco e il
coltello,
poi
proseguirono
tutt'e due
insieme.
Il sacerdote
doveva
essere ebreo
e
primogenito,
ed armato di
lama in
selce o
bastone
offriva in
olocausto a
Dio animali
durante
cruenti
rituali, al
fine di
ingraziarsi
la divinità
totemica del
popolo
ebraico, o
placarne la
collera.
Ecco quindi
un archetipo
di
sacerdote,
etnicamente
caratterizzato,
completamente
prono
innanzi alla
volontà
divina, alla
quale tutto
era concesso
e niente era
rifiutato,
dedito a
togliere la
vita ad onta
di ogni
umana
compassione.
Come
dimenticarsi
il passo
biblico in
cui Abramo
allestisce
il
sacrificio
del figlio
Isacco a
Dio? Esso è
riluttante,
ma ben
presto si
piega
all’osservanza
del
desiderio
del suo Dio,
e poco
importa se
la
soddisfazione
di
quest’ultimo
passa
attraverso
la morte di
un
innocente,
fosse anche
suo figlio.
Poco importa
che poi
questo
scellerato
atto sia
stato
fermato
dallo stesso
Dio, in
quanto esso
è stato
idealmente
consumato e
marcherà per
sempre lo
sviluppo
animico e
spirituale
della
discendenza
di Isacco.
Basterebbe
inoltre
avere
memoria di
pochi e
semplici
passi
dell’Esodo
per
comprendere
la natura e
la forma di
simile
arcaico e
feroce
sacerdozio:
Esodo 29,20
Lo
immolerai,
prenderai
parte del
suo sangue e
ne porrai
sul lobo
dell'orecchio
destro di
Aronne, sul
lobo
dell'orecchio
destro dei
suoi figli,
sul pollice
della loro
mano destra
e
sull'alluce
del loro
piede
destro; poi
spargerai il
sangue
intorno
all'altare.
Esodo 29,21
Prenderai di
questo
sangue
dall'altare
e insieme un
po' d'olio
dell'unzione
e ne
spruzzerai
Aronne e le
sue vesti, i
figli di
Aronne e le
loro vesti:
così sarà
consacrato
lui con le
sue vesti e
insieme con
lui i suoi
figli con le
loro vesti.
Levitico 9,7
Mosè disse
ad Aronne:
«Avvicinati
all'altare:
offri il tuo
sacrificio
espiatorio e
il tuo
olocausto e
compi il
rito
espiatorio
per te e per
il tuo
casato;
presenta
anche
l'offerta
del popolo e
fa'
l'espiazione
per esso,
come il
Signore ha
ordinato».
Levitico 9,8
Aronne
dunque si
avvicinò
all'altare e
immolò il
vitello del
sacrificio
espiatorio,
che era per
sé.
In base a
quanto
scritto, in
base a
quanto
evidenziato,
(e molto
altro ci
sarebbe da
esaminare,
commentare e
riportare
attorno al
modo con cui
Aronne venne
insignito
del ruolo di
Sommo
Sacerdote e
alla sua
casata
riservato il
diritto di
sacrificare:
essere
quindi
intermediaria
fra Dio e il
Popolo),
dobbiamo
chiederci se
tale
archetipo
sacerdotale
non solo è
quello
maggiormente
adeguato per
il ruolo e
la funzione
del
Superiore
Incognito
martinista,
ma se in
generale
trova
corrispondenza
con la
funzione
sacerdotale
della
tradizione
occidentale
sorretta
dalla Santa
Gnosi.
Del resto
molti dei
nostri
fratelli che
con
strabismo
guardano ad
Aronne con
riferimento
sacerdotale,
come punto
di inizio
del nostro
potere
teurgico,
dovrebbero
contestualizzare
meglio
l’ambiente
in cui esso
è vissuto, e
chiedersi se
è
animicamente,
psicologicamente
e
spiritualmente
attinente
alla nostra
funzione.
Essi tendono
a
dimenticarele
tinte forti
del
sacerdozio
di Aronne, e
dell’esclusività
del Dio che
viene
ciecamente
servito.
Eppure
basterebbe
che
paragonassero
questi
elementi,
con quanto
noi ogni
giorno
innalziamo,
serviamo ed
onoriamo nei
nostri riti,
per porsi
delle lecite
domande, dei
giusti e
concreti
dubbi.
Ancora
dimenticano
che l’ebreo,
di cui si
narra
nell’antico
testamento,
vive
all’interno
di una
società
patriarcale
nomade,
dedita alla
pastorizia,
all’interno
di un quadro
naturale
ostile e
sterile.
Questa
società non
è
universale,
non è aperta
ed
inclusiva,
ma è
caratterizzata
da due
tratti
distintivi:
la credenza
in un Dio
geloso del
proprio
popolo, e il
retaggio di
sangue.
Elementi
questi che
non trovano
certamente
corrispondenza
nei miti
fondativi
della
società
cristiana
greco-romana
da cui noi
discendiamo,
e di cui noi
siamo
continuazione
ideale e
spirituale.
Questa
nostra
società è
universale e
non chiusa
in se
stessa: è
tesa a
riconoscersi
attorno ad
elementi
Ideali e non
Razziali,
propulsiva
verso
l’esterno, e
portatrice
di un
messaggio
capace di
investire
popoli e
nazioni a
prescindere
dal retaggio
carnale. Gli
antichi
romani
edificavano
templi delle
divinità dei
popoli
annessi
all’Impero,
il Dio
Cristiano è
portatore di
una
misericordia
che si
estende a
tutte le
nazioni,
ecc.. ecc…
L’ovvietà
della
incompatibilità
dell’archetipo
sacerdotale
ebraico, con
quello
martinista è
riportato
nel nostro
rituale di
loggia:
“Infatti il
culto
dell’avvenire
non
assomiglierà
ai sacrifici
sanguinari
che sono
narrati
nelle
antiche
testimonianze,
ma farà
comprendere
………”.Parole
ben chiare,
che non
dovrebbero
ammettere
titubanza, e
che
rappresentano
al meglio il
pensiero
ispiratore
del Filosofo
Incognito, e
di tutti i
nostri
Maestri
Passati che
erano
realmente
cosa unica
con la
nostra
tradizione.
Ora non
comprendo
come mai da
un lato
proclamiamo
l’assoluta
diversità
dei nostri
sacerdoti
dai
sacrificatori
cruenti
delle
antiche
testimonianze
(Antico
Testamento),
e dall’altro
alcuni
utilizzano
per
tratteggiarne
le qualità,
fisiche e
spirituali,
proprio
l’archetipo
sacerdotale
di Aronne e
della sua
discendenza.
Trattasi di
evidente
contraddizione
in termini,
dettata da
una profonda
superficialità
da parte di
chi
asserisce, e
di chi
supinamente
accetta. Del
resto si
dovrebbe
anche, ma
non è mio
intendimento
aprire qui
altro
contenzioso,
chiedere a
quale
tradizione
cristiana di
riferimento
si ricollega
il
martinismo.
Quella
giudaico-cristiana,
oppure la
gnostica-cristiana?!
La
comprensione
di tale
punto, ed io
ovviamente
propendo per
la seconda
con tutte le
implicazioni
del caso,
non è certo
mera
questione di
lana
caprina.
In quanto
con la prima
ci
ricolleghiamo
alla
centralità
della
formula
tetragramamtica,
al retaggio
di sangue
dei
sacrifici e
delle
iniziazioni,
al vincolo
mosaico, e
del cieco
ubbidire
alle norme
divine:
delegando ad
un sacerdote
la funzione
di
intermediario
con il
divino.
Con la
seconda
invece
comprendiamo
profondamente
il
significato
occulto
della
formula
pentagrammatica,
spostandoci
su un piano
squisitamente
spirituale
che trova
nell’Incipit
del Vangelo
di San
Giovanni, da
noi del
Sovrano
Ordine
Gnostico
Martinista
per primi
utilizzato
in ogni
apertura dei
nostri
lavori
collettivi
ed
individuali,
come la Vera
Genesi per
noi della
figliolanza
spirituale e
non carnale.
Dobbiamo
ricordare
inoltre che
il
martinismo
non è
esclusivamente
caratterizzato
dalla
propensione
all’arte
teurgica,
forma
strumentale
facoltativa
nel corredo
docetico
operativo di
una
struttura,
bensì dal
messaggio
della
Reintegrazione
Individuale
e della
Reintegrazione
nel Divino.
Esso viene
sviluppato
grazie al
rapporto fra
iniziatore
ed iniziato
(e la
costante
opera di
quest’ultimo),
ma
inizialmente,
come un
seme, è
raccolto
nell’Iniziazione
Martinista.
Dovrebbe
essere ben
chiara a
tutti la
modalità con
cui questa
iniziazione
viene
conferita,
il crisma
che essa
depone sul
novello
fratello non
avviene
tramite la
spada,
battuta
sulla testa
o sulla
spalla, e
neppure in
guisa del
conferimento
di qualche
orpello.
Essa è
frutto della
rituale e
regolare
imposizione
delle mani
da parte
dell’Iniziatore
all’Iniziato.
Al contempo,
come detto,
l’altra
funzione
dell’iniziatore
martinista è
la
trasmissione
degli
strumenti e
dell’arte
della
reintegrazione.
Ciò viene
espletato
tramite la
testimonianza
e il
messaggio
orale ad una
ristretta
cerchia di
fratelli e
sorelle, e
non
attraverso
l’ubbidienza
a tavole,
norme, e
leggi di
ispirazione
divina.
Per quanto
scritto
attorno alla
funzione del
terzo e
quarto grado
della scala
martinista,
e quanto
scritto è
inoppugnabile,
in entrambi
i casi
troviamo
coincidenza
non tanto
con la
figura dei
sacerdoti
sacrificatori,
quanto
piuttosto in
quella degli
Apostoli
inviati dal
Cristo a
divulgare la
novella del
Dio di Amore
a cui l’uomo
deve volgere
sguardo e
cammino.
Cristo che
assume
centralità
non solo
nella
tradizione
dell’Ordine
Martinista,
ma anche nei
suoi lavori
che ruotano
attorno alla
formula
pentagrammatica
(la discesa
della Scin
rappresenta
il passaggio
dalla
manifestazione
quaternaria
ferrea, alla
trasmutazione
della stessa
tramite un
processo
alchemico
spirituale).
I nostri
sacerdoti
accolgono
nel
martinismo,
e consacrano
e
sacralizzano
esclusivamente
tramite
l’imposizione
delle mani.
In ciò sono
eguali agli
Apostoli del
nuovo
testamento:
Vangelo
secondo
Marco - cap.
6[5]E non vi
poté operare
nessun
prodigio, ma
solo impose
le mani a
pochi
ammalati e
li guarì.
Vangelo
secondo
Marco - cap.
8[23]Allora
preso il
cieco per
mano, lo
condusse
fuori del
villaggio e,
dopo avergli
messo della
saliva sugli
occhi, gli
impose le
mani e gli
chiese:
«Vedi
qualcosa?».
Vangelo
secondo
Marco - cap.
8[25]Allora
gli impose
di nuovo le
mani sugli
occhi ed
egli ci vide
chiaramente
e fu sanato
e vedeva a
distanza
ogni cosa.
Vangelo
secondo Luca
- cap.
13[13]e le
impose le
mani. Subito
quella si
raddrizzò e
glorificava
Dio.
Atti degli
Apostoli -
cap. 6[6]Li
presentarono
quindi agli
apostoli i
quali, dopo
aver
pregato,
imposero
loro le
mani.
Atti degli
Apostoli -
cap.
9[17]Allora
Anania andò,
entrò nella
casa, gli
impose le
mani e
disse:
«Saulo,
fratello
mio, mi ha
mandato a te
il Signore
Gesù, che ti
è apparso
sulla via
per la quale
venivi,
perché tu
riacquisti
la vista e
sia colmo di
Spirito
Santo».
Atti degli
Apostoli -
cap.
13[3]Allora,
dopo aver
digiunato e
pregato,
imposero
loro le mani
e li
accomiatarono.
Atti degli
Apostoli -
cap.
28[8]Avvenne
che il padre
di Publio
dovette
mettersi a
letto
colpito da
febbri e da
dissenteria;
Paolo l'andò
a visitare e
dopo aver
pregato gli
impose le
mani e lo
guarì.
Vangelo
secondo
Marco - cap.
16[17]«E
questi
saranno i
segni che
accompagneranno
quelli che
credono: nel
mio nome
scacceranno
i demoni,
parleranno
lingue
nuove,[18]prenderanno
in mano i
serpenti e,
se berranno
qualche
veleno, non
recherà loro
danno,
imporranno
le mani ai
malati e
questi
guariranno».[19]Il
Signore
Gesù, dopo
aver parlato
con loro, fu
assunto in
cielo e
sedette alla
destra di
Dio.[20]Allora
essi
partirono e
predicarono
dappertutto,
mentre il
Signore
operava
insieme con
loro e
confermava
la parola
con i
prodigi che
l'accompagnavano.
La
dimensione,
il ruolo, e
la funzione
del
sacerdote
martinista è
puramente
spirituale,
non
contaminata
quindi da
carne e
sangue, non
tesa a
prevaricare,
a togliere
la vita, per
offrirla in
olocausto.
Bensì egli è
rivolto a
sacrificare
se stesso
nel servire
umilmente i
fratelli e
le sorelle
tutte, ed
officia con
semplici
strumenti ed
elementi (coppa,
vino, acqua,
pane,
incenso) il
divino da
cui tutto ha
origine, e
l’Ideale
individuale
e collettivo
della
reintegrazione.
Tale Idea
Superiore
non è certo
riservata
per diritto
di nascita a
taluni e
negata ad
altri, ma
anzi è
Universalmente
percepita e
partecipata
da tutti gli
uomini e
donne di
buona
volontà e di
fattiva
opera.
Eppure vi è
sicuramente,
ed invito
tutti a
leggere e
riflettere,
una figura
sacerdotale
alternativa,
per coloro
che cercano
continuità
con l’antico
testamento,
che
sicuramente
potrebbe in
parte essere
presa ad
ispirazione
del modello
sacerdotale
martinista (il
quale a mio
avviso trova
piena
coincidenza
con la
figura degli
apostoli del
nuovo
testamento).
Questa è
quella di
Melchisedek,
di cui
riporto i
brani di
interesse:
Genesi 14,18
Intanto
Melchisedek,
re di Salem,
offrì pane e
vino: era
sacerdote
del Dio
altissimo
Salmi 109,4
Il Signore
ha giurato e
non si pente:
«Tu sei
sacerdote
per sempre
al modo di
Melchisedek».
Ebrei 5,6
Come in un
altro passo
dice:Tu sei
sacerdote
per sempre,
alla maniera
di
Melchìsedek.
Ebrei 5,10
essendo
stato
proclamato
da Dio sommo
sacerdote
alla maniera
di
Melchìsedek.
Ebrei 6,20
dove Gesù è
entrato per
noi come
precursore,
essendo
divenuto
sommo
sacerdote
per sempre
alla maniera
di
Melchìsedek.
Ebrei 7,1
Questo
Melchìsedek
infatti, re
di Salem,
sacerdote
del Dio
Altissimo,
andò
incontro ad
Abramo
mentre
ritornava
dalla
sconfitta
dei re e lo
benedisse;
Ebrei 7,10
egli si
trovava
infatti
ancora nei
lombi del
suo antenato
quando gli
venne
incontro
Melchìsedek.
Ebrei 7,11
Or dunque,
se la
perfezione
fosse stata
possibile
per mezzo
del
sacerdozio
levitico -
sotto di
esso il
popolo ha
ricevuto la
legge - che
bisogno
c'era che
sorgesse un
altro
sacerdote
alla maniera
di
Melchìsedek,
e non invece
alla maniera
di Aronne?
Ebrei 7,15
Ciò risulta
ancor più
evidente dal
momento che,
a
somiglianza
di
Melchìsedek,
sorge un
altro
sacerdote,
Ebrei 7,17
Gli è resa
infatti
questa
testimonianza:Tu
sei
sacerdote in
eterno alla
maniera di
Melchìsedek.
Lecita la
domanda che
si pone
Paolo di
Tarso su
Aronne e il
sacerdozio
levitico, ad
essa si
risponde
facilmente:
Aronne e
Melchisedek
rappresentano
due
sacerdozi
spiritualmente
ed
operativamente
differenti.
Il primo è
cruento e di
intermediazione
fra l’uomo e
il divino.
Il secondo è
spirituale e
rappresentativo
dell’unione
fra l’uomo e
il divino.

SEZIONE
"CULTO
DIVINO"