Non siamo
interessati
a a chiunque,
in quanto il
nostro
Ordine e la
nostra Opera
non
appartengono
al regno dei
numeri. Al
contempo non
riteniamo di
avere niente
da dare, ma
tutto è
preteso dal
Culto Divino.
Ecco quindi
che coloro
che sono
desiderosi
di
erudizione a
buon mercato,
di un
balsamo dove
lenire un
ego
dolorante e
di un
palcoscenico
dove
recitare un
ruolo sono
gentilmente
pregati di
proseguire
oltre. Non
sono pietre
adeguate per
costruire il
nostro
Tempio.
Vi sono
molteplici
motivazioni,
ed in parte
le ho già
menzionate,
per cui si
giunge alle
soglie di un
autentico
Ordine
Martinista.
Alcune di
queste sono
dettate da
pulsioni
sociali, da
necessità di
essere
accolti, dal
bisogno di
essere
accolti e
compresi,
altre da
autentico
Desiderio di
percorrere
una via
iniziatica
tradizionale.
Ovviamente
le prime,
per quanto
umane e
comprensibili,
sono in se e
per se non
adeguate e,
auspicherei,
non
accoglibili.
Un Superiore
Incognito
Iniziatore
esperto
cercherà,
per quanto
possibile,
di portare
all’evidenza
del bussante
la reale
motivazione
che lo
spinge alla
soglia del
Tempio.
Attraverso
l’attesa si
provvederà a
far maturare
e
sedimentare
la domanda,
attraverso
il rimandare
si cercherà
di saggiarne
la volontà
iniziatica,
oppure si
valuterà gli
adempimenti,
inadempimenti,
e celerità
nel
completare
le fasi
preparatorie
all’associazione.
Amo
sempre
ricordare
che non
siamo qui
per fare
beneficienza,
e neppure
per
sostituirci
a qualche
gruppo di
supporto
terapeutico
o
psicologico,
quanto
piuttosto
per trovare
uomini e
donne
meritevoli
di ricevere
l’iniziazione
martinista,
ed essere a
loro volta i
cuori
pulsanti e
vivificanti
della nostra
tradizione.
Ecco quindi
che dobbiamo
valutare
colui che
desidera
divenire
nostro
fratello, e
ciò è
fattibile
grazie
all’analisi
delle
motivazioni
che lo
spingono, in
quanto
sintomi del
tipo di uomo
che sotto
tali agiti
si cela.
Norbeto
Bobbio ebbe
a scrivere:”
Il dato di
fatto è
questo: gli
uomini sono
tra loro
tanto uguali
quanto
diseguali.
Sono uguali
per certi
aspetti,
diseguali
per altri.
Volendo fare
l’esempio
più
familiare:
sono eguali
di fronte
alla morte
perché sono
tutti
mortali, ma
sono
diseguali di
fronte al
modo di
morire
perché
ognuno muore
in modo
diverso.”
Parole vere,
ed
applicabili
anche al
contensto
iniziatico.
In quanto
nelle nostre
Logge
operano
fraternamente
uomini e
donne, che
non sono
astrattamente
iniziaziati
avulsi dalle
contingenze
del mondo,
bensì vivono,
come tutti
gli altri,
in una
società che
detta tempi
e regole.
Ogni uomo è
eguale
innanzi ai
due estremi
della vita (nascita
e morte), e
certamente
ogni uomo è
degno di
rispetto
nella sua
umana
sofferenza
ed
aspirazione
di vita. Al
contempo
ogni uomo è
diverso
inannzi alle
cose dello
spirito. È
sufficiente
osservare la
nostra
cerchia di
amicizie,
per scoprire
colui che ha
sensibilità
verso
questioni
sottili, ed
individuare
colui che
invece è
refrattario
ad ogni
argomento
che esula
dal fallace
tangibile
del
quotidiano.
Così come la
vita profana
ci insegna
che esistono
ruoli e
funzioni,
per uomini
dalle
diverse
attitudini,
così la vita
iniziatica
dovrebbe
suggerire
che non è
possibile
concedere
tutto a
tutti,
perché in
realtà
niente si
concede, ma
tutto si
priva. La
via
iniziatica
non è una
via di
immediato
accrescimento,
ma una via
inizialmente
di
spogliazione.
Solo quando
l’essenza
dell’essere
sarà porta
alla luce,
liberandosi
dall’involucro
psicologico,
essa, come
un seme,
germoglierà:
permettendo
a
quell’unico
fiore che
noi siamo di
sbocciare.
Siamo
sicuri che
tutti,
coloro che
bussano,
anelano a
ciò?! Oppure
hanno la
possibilità
di
conseguire
ciò?!
L’insieme di
ciò che è
richiesto al
bussante, o
che dovrebbe
essergli
richiesto,
in relazione
al tipo di
percorso che
lo attende,
prende il
nome di
qualificazioni
iniziatiche.
Ecco quindi
che esse non
debbono,
erroneamente,
essere
intese come
un qualcosa
di esterno
ed ostativo,
ma bensì
come quei
talenti di
evangelica
narrazione,
che debbono
essere
debitatamente,
se posseduti,
impegnati.
In quanto
non vi è
dolo nel non
possedere le
qualificazioni,
ma vi è
dramma nel
dissiparle.
Quali
sarebbero le
qualificazioni
iniziatiche
di cui un
bussante al
martinismo
deve essere
munito?
Esse si
possono
suddividere
in
caratteristiche
psicologiche,
ed in
qualità
spirituali.
Fra le prime
troviamo la
stabilità e
l’equilibrio.
L’associando
deve avere
una vita
sociale e
affettiva
solida, non
fonte di
eccessivi
turbamenti,
capace di
dare quelle
giuste
soddisfazioni,
o almeno che
non sia
fonte di
perniciose
devianze o
frustrazioni.
Anticamente
solamente
colui che
era sposato,
ben inseirto
all’interno
del proprio
contesto
sociale, e
non soggetto
all’altrui
dominio o
ricatto, era
ammesso
all’iniziazione.
La libertà
dello
Spirito
certo non è
la libertà
dalle cose
di questo
mondo, ma
indubbiamente
rendendoci
schiavi,
delle cose
di questo
mondo,
difficilmente
potremo
aspirare
alla prima.
La
stabilità,
maturata nel
quotidiano,
comporta
quell’equilibrio
interiore
necessario
per
permetterci
di operare
proficuamente
con gli
strumenti
che l’Ordine
mette a
disposizione.
Essi non
sono certo
vuoti
rituali, ma
potenti
utensili con
cui incidere
i vel della
lusinghiera
ignoranza in
cui siamo
avvolti. Il
nostro
rituale di
loggia
recita “Tutto
è calmo ed
in pace,
tutto è
giusto e
perfetto”, a
significare
che questo
stato di
calma
interiore,
conduce alla
pace e al
riposo nelle
benevole
braccia
dello
Spirito.
Possibile
che tutto
ciò sia
conseguito
da colui che
in se cova
disagi e
disordini
psicologici?
L’esperienza
mi porta a
dubitarlo.
In realtà
colui che è
instabile
nella vita
profana,
tenderà ad
accentuare
tale
condizione
psicologica:
giungendo a
compromettere
se stesso, e
la tenuta di
tutta la
catena.
La terza
qualità
psicologica
o
caratteriale
è la
capacità di
attendere.
Vi sono
Postulanti
che
richiedono
l'Iniziazione
e dopo un
lasso di
tempo
incredibilmente
breve
pretendono
di dare
lezioni di
docetica,
oppure
pressano per
essere
passati di
grado. Anche
in questo
caso la via
martinista
non è, o non
dovrebbe
essere, per
loro. A tali
personaggi,
che non
sanno
attendere,
che non
comprendono
come sia
necessario
farsi coppa,
possiamo
solamente
suggerire di
indagare
attorno alla
propria
bramosia. È
necessario
lasciare i
metalli, fra
cui
l'ambizione
e l'ego,
oltre la
soglia del
Tempio. È
necessario,
nei primi
scalini
della
piramide
rituale,
operare al
fine di
smussare,
integrare,
separare,
ogni
elemento
grossolano e
spurtio che
contamina la
nostra
divina
natura. Il
lavoro
rituale
martinista,
così come io
lo intendo,
è cadenzato
dal severo
ritmo della
progressione
dei giorni,
dell’alternza
delle
stagioni.
Questi tempi
non possono
essere
forzati,
queste
misure non
possono
essere
alterate. La
vetta di una
montagna,
raggiunta
con mezzi
non congrui,
non è
sinonimo di
conquista ma
di
fallimento
ed inganno.
Ovviamente,
tali
qualifiche
necessarie
ed
indispensabili,
devono
essere
attentamente
valutate da
parte di
colui che
governa ed
amministra.
Vediamo fin
troppi
esempi di
confusione e
mistificazione,
proprio in
virtù di
valutazioni
non piene e
sagge
La quarta
qualità, di
questo primo
insieme, é
la fermezza.
Magari il
Postulante
ha un
carattere
stabile, é
socialmente
inserito nel
tessuto
sociale, ma
non é fermo
nella sua
risoluzione
di lavoro
interiore.
In questo
caso, il
postulante è
volubile,
lunatico,
incapace di
impegnarsi
nelle
operazioni
giornaliere
relate al
grado che
ricopre
nella catena
martinista.
Tale difetto
caratteriale
lo porterà a
trovare
sempre nuove
scuse per
rimandare, o
per evitare,
i compiti
assegnati.
Inizialmente
agirà la
pigrizia,
che
suggerirà
tempi sempre
più
ristretti da
dedicare ai
rituali.
Successivamente
subentrerà
lo
scetticismo
in merito
alle
operazioni,
alla
docetica, e
alla
filosofia
del Nostro
Venerabile
Ordine.
Infine
compariranno
superbia ed
orgoglio che
lo
porteranno a
rompere ogni
contatto
fraterno.
Al contempo
non è
possibile
pretendere
che un
essere umano
si impegni
in un
rituale
giornaliero,
quando non
dispone
della
capacità e
volontà di
disciplinarsi.
Non possiamo
credere, o
auspicare,
che egli
colga il
sommo valore
della
purificazione
mensile,
quando egli
per primo
vive
costantemente
in una
situazione
di
dissolutezza
e confusione.
Non possiamo
certamente
ritenere che
colui che
persevera in
una
condizione
di vita
frammentata,
possa
intraprendere
il nostro
cammino. Il
quale
prevede un
tendere alla
reintegrazione
della nosre
parti scisse,
e non certo
alla
disgregazione,
all’esaltazione,
alla
allucinata
manifestazione
dell’ego.
Qualora
accada che
una persona
sprovvista
dei
requisiti,
sopra
menzionati,
abbandoni il
percorso non
mi lamento
troppo: un
albero sano
è una pianta
che muta la
chioma, e
indirizza la
linfa vitale
a quei rami
capaci di
dare frutto.
Il nostro
primo
proposito è
la
trasmissione
el a
savalguardia
della
compiuta
iniziazione
martinista,
rispetto ad
essa tutto è
secondario e
funzionale.
Quanto,
brevemente,
esaminato in
precedenza è
ascrivibile
alle
necessarie
qualità
psicologiche
che il
bussante
deve avere
per potersi
impegnare su
di un
cammino
iniziatico.
Non credendo
il
sottoscritto
ad una
sostanziale
comparabilità
fra i
diversi
cammini, e
ciò per
semplice
spirito di
osservazione
e mancanza
di
asservimento
al
politicamente
corretto che
tanto
imperversa
anche nei
nostri
ambienti,
ritengo
necessario
che colui
che aspira a
divenire
prima
associato,
poi iniziato,
ed infine
adepto di
una
particolare
Gnosi, debba
possedere
delle
peculiari
qualificazioni
spirituali.
Concetto,
oggi, assai
poco
comprensibile
per molti.
Un tempo, il
nostro, dove
si parla di
Filosofi di
Unità, di
libertà ed
eguaglianza
a
prescindere
da mezzi e
possibilità,
di impegno
sociale e di
apertura al
mondo
profano.
Ancora, le
qualificazioni
spirituali
poco valgono
per colui
che ritiene
che comunque
tutto è
assimilabile
nella forma,
per chi,
saltando da
ambito ad
ambito, non
cerca la
conoscenza
in esso
raccolta, ma
un luogo
dove
depositare
le proprie
elucubrazioni,
o cercare
ribalta.
Eppure la
ragione
d’essere di
un Ordine
Iniziatico o
di
un’Obbedienza
non risiede
in ciò che
ha in comune
con altri
Ordini od
Obbedienze,
ma in ciò
che da essi
deferisce.
In quanto se
a fondamento,
dell’esistenza
stessa di
tali
strutture,
poniamo
quanto è
inevitabilmente
eguale,
allora non
vi sarebbe
motivazione
alla
molteplicità
dei depositi,
delle forme,
e dei
rituali.
Ovviamente
per alcuni
di essi non
vi è altro
motivo di
esistenza
che l’ego di
taluni, ma
avendo io a
riguardo a
quanto è
sano, e non
quanto è
malato,
ritengo che
è nella
varietà la
ricchezza e
non nella
mortifera
livella
della
egualizanza
e
fratellanza
formale. Gli
Ordini e le
Obbedienze,
qualora sani
e
tradizionali,
incarnano
aspetti
filosofici
ed operativi
peculiari,
in quanto
molteplici
sono i tipi
di uomo a
cui si
rivolgono.
Discende da
ciò che le
qualificazioni
sono
necessarie,
proprio
perchè ad
ogni
percorso
corrisponde
un tipo
d'uomo, ed
ad ogni tipo
d'uomo
corrisponde
un percorso.
Poniamo che
decidiamo di
giungere
sulla vetta
della
montagna.
Sarà in
virtù della
nostra
capacità,
costituzione
fisica, e
intelligenza
che
sceglieremo
la via a noi
maggiormente
congeniale.
Coloro che
ritengono
che non
sussista
qualificazione
inevitabilmente
procederanno
lungo una
via che si
tramuterà,
per loro, in
danno e
dolore. Fin
qui poco
male, tutto
rientra
all’interno
di quel
rigido
meccanismi
di causa ed
effetto, ma
qualora
queste
persone sono
inserite
all’interno
di una
catena, ed
esercitano
un ruolo che
non gli è
proprio,
allora il
drama si
ripercuoterà
su molti.
Disastro
ancora
maggiore
qualora
colui che è
indeguato, a
causa di non
comprensione
o
convenienza,
si è
ritrovato,
ed i casi
non sono
rari, in
posizione di
governo
rispetto ad
altri. Un
cattivo
iniziato
sarà,
inevitabilmente,
un cattivo
maestro.
A proposito
di
qualificazioni
propongo
questo
estratto di
R. Le
Forestier
("La
Massoneria
Occultistica
nel XVIII
secolo e l'Ordine
degli Eletti
Coen"):
"Per quanto
fossero
importanti
le cerimonie
delle
Operazioni:
prosternazioni,
incensamenti,
invocazioni
con
preghiere,
tuttavia
esse non
erano del
tutto
efficaci;
erano
necessarie,
ma non
sufficienti.
Per
convalidare
la loro
azione
erano
indispensabili
tre fattori:
la virtù
mistica
dell'operante,
un'influenza
astrale
favorevole
ed il
concorso
della
grazia
divina. La
virtù
mistica
dell'adepto,
a sua volta,
dipendeva da
tre
condizioni:
dal suo
stato di
grazia, da
una
soprannaturale
facoltà
conferitagli
dall'ordinazione,
dalla
cooperazione
simpatica a
distanza dei
suoi uguali
in
iniziazione.
La sola
precisione
della
cerimonia
non basta"
scriveva
Pasqually
nel
1768 a Bacon
de la
Chevalerie "
sono
necessarie
anche
l'esattezza
della
santità di
vita [...] (all'adepto
che vuole
entrare in
relazione
con gli
Spiriti),
gli occorre
una
preparazione
spirituale
fatta di
preghiera,
ritiro ed
attesa"
(V,229).
L'Eletto
Cohen
doveva
osservare
una "regola
di vita"
molto
ascetica.
Gli
era proibito
"per tutta
la vita",
nutrirsi di
sangue,
grasso e rognoni
di qualsiasi
animale,
mangiare
carne di
piccione
domestico
(111,76/77).
Con estrema
moderazione
poteva darsi
ai piaceri
dei sensi,
poiché, per
poter
giungere al
grado
supremo,
egli doveva
astenersi da
qualsiasi
materia
impura
soprattutto
dalla "fornicazione
(relazioni
sessuali)
che crea
turbamenti
all'anima"
(11,105)"
Emerge
chiaramente
che
l’iniziato,
il reale
iniziato,
non deve
avere una
visione “rituale
centrica”,
non
considera il
rituale,
qualunque
esso sia,
una sorta di
panacea, o
grande
Totem, in
grado di
sopperire ad
ogni
mancanza
morale,
intellettuale,
o spirituale.
Egli
inizialmente
deve
considerare
la propria
condotta di
vita, e
l’attinenza
delle
medesima
agli impegni
rituali che
deve
compiere.
Ecco quindi
che emerge
il concetto
di
qualificazione,
intenso non
tanto come
un “tesoretto”
di varie
qualità
inerte e
passivo,
quanto
piuttosto
come
un’assonanza
armonica
interiore,
con il
percorso su
cui dobbiamo
e possiamo
procedere.
Nel
martinismo,
inteso come
realtà
operativa,
vi è un
complesso di
rituali di
varia
prospettiva.
Alcuni volti
ad
esercitare
la teurgia,
altri in
chiave
prevalentemente
mitica, ed
altri,
infine,
chiaramente
sacerdotali.
Colui che
non ha in se
le adeguate
caratteristiche
spirituali (il
silenzio
interiore e
l’abbandono
per il
mistico, la
capacità di
governo
interiore
per il
teurgo, e il
sacro fare
per il
sacerdote)
si troverà
sicuramente
nell’impossibilità
di trarre
reale
giovamento
da quanto
porrà in
essere. Da
cui discende
il
decadimento
del rituale
in cerimonia,
e dell’opera
in farsa.
Altresì le
qualificazioni,
oltre ad
essere
necessitare
per
ricoprire un
determinato
ruolo
all’interno
di una
qualsiasi
struttura
iniziatica,
sono
condizione
indispensabile
e necessaria
per essere
iniziati. In
quanto se è
pur vero che
all’interno
di una
struttura
sussistono
mansioni
diverse per
tipi diversi
di fratelli
(esercizio
del comando,
esercizio
amministrativo,
esercizio
sacerdotale,
ecc.. ecc.)
vi è
comunque una
matrice di
fondo che
unisce i
vari
fratelli ad
essa
aderenti.
Matrice di
fondo comune
indispensabile
affinchè
l’Ordine sia
realmente
iniziatico,
e non una
semplice
associazione
umana, o una
pantomina
teatrale.
Ecco quindi
se il nostro
Venerabile
Ordine ha
come
finalità
quella di
pervenire
alla
reintegrazione
dell’Uomo,
bisognerà
che ogni
singolo
fratello sia
orientato a
tale nobile
Opera. Al
contempo
essendo il
nostro un
percorso
atto a
forgiare dei
Monaci
Guerrieri,
si dovrà
verificare,
nei bussanti,
la presenza
di quelle
qualità ed
attitudini
psicologiche
e spirituali
affini con
tale forma.
Attitudine
alla
celebrazione
e
comprensione
del sacro,
servizio nei
confronti
dei fratelli,
e quella
santa
virilità
atta a
difendere il
sacro e i
fratelli
dagli agenti
di
prevaricazione.
«Finché
scorgerai la
minima
macchia, e
la minima
sostanza
opporrà una
barriera ai
tuoi sguardi,
non abbi
riposo
perché sia
dissipato
quest’ostacolo:
più
penetrerai
nelle
profondità
del tuo
essere, più
riconoscerai
su quali
basi riposa
l’Opera»
(«Il
ministero
dell’Uomo-Spirito»,
Louis-Claude
de
Saint-Martin)
Come non
condividere
queste
profonde
parole del
Filosofo
Incognito.
Le quali ci
spingono
senza sosta
a ricercare
il motivo
profondo
delle nostre
azioni, e
del
basamento
della nostra
Opera
Iniziatica?
La quale,
come un
gigante dai
piedi di
argilla,
crollerà
rovinosamente
qualora
poggi sulla
vanagloria,
o su di una
motivazione
estranea
all’ordine
iniziatico.
Quanto
sarebbe
utile che
ognuno di
noi
incessantemente
si chiedesse
di cosa deve
spogliarsi,
per essere
adeguato al
percorso
iniziatico
intrapreso.
Purtroppo in
alcuni
ingenui vi è
la credenza
che il
percorso
debba essere
comunque
offerto, a
prescindere
dalle
qualificazioni
richieste.
Creando
situazioni
di profondo
sconforto
personale, e
alle volte
tragiche
ripercussioni
per tutto il
movimento
martinista.
Altri ancora
ritengono di
godere di un
potere tale
che possa
sopperire
ogni
mancanza,
spirituale o
psicologica,
dell’associando.
In quanto
menzionato,
l’accorto
osservatore,
intravederà
l’incipiente
ombra della
rovina: il
crollo della
torre.
Innazi al
campionario
umano, ai
tanti che si
agitano
nella
piazza, il
fratello F.F
ricorda:”
Oramai una
sola
qualificazione
urge
appurare che
possiedano
gli Uomini
di Desiderio:
non essere
affetti da
patologie
psichiatriche!”
Difficile
dargli torto,
quando siamo
costretti
ogni giorno
ad assistere
ai danni
provocati da
iniziazioni
frettolosamente
concesse, ed
iniziati che
parlano come
Grandi
Maestri, o
al posto di
Grandi
Maestri.
In
conclusione
di questo
breve
paragrafo
riporto le
parole, che
spero siano
per noi
tutti fonte
di
riflessione,
di Réne
Guénon sulle
qualificazioni
iniziatiche:”
Bisogna
ritornare
ora alle
questioni
che si
riferiscono
alla
condizione
prima e
preliminare
dell'iniziazione,
vale a dire
alle
cosiddette «
qualificazioni
»
iniziatiche;
in vero,
questo
soggetto è
dl quelli
che non è
possibile
pretendere
di trattare
in modo
completo, ma
possiamo
almeno
apportarvi
qualche
chiarimento.
In primo
luogo, deve
ben'essere
inteso che
queste
qualificazioni
sono
esclusivamente
del dominio
dell'individualità;
infatti se
non vi fosse
da
considerane
che la
personalità
o il « Sè »,
non vi
sarebbe
alcuna
differenza
da fare a
tal riguardo
fra gli
esseri, e
tutti
sarebbero
ugualmente
qualificati,
senza
bisogno di
fare la
minima
eccezione;
ma la
questione si
presenta in
modo ben
diverso per
il fatto
chel'individualità
deve
necessariamente
esser presa
come mezzo
ed appoggio
della
realizzazione
iniziatica;
in
conseguenza,
bisogna che
essa
possegga le
attitudini
richieste
per
rappresentare
questa
parte, ed il
caso non è
sempre tale.
Se si vuole,
l'individualità
non è che lo
strumento
dell'essere
vero; ma, se
questo
strumento
presenta
certi
difetti, può
essere più o
meno
completamente
inutilizzabile,
od anche
esserlo del
tutto.
D'altronde,
non v'è da
meravigliarsi,
volendo
soltanto
riflettere
che, anche
nell'ordine
delle
attività
profane (o
almeno
divenute
tali nelle
condizioni
dell'epoca
attuale),
ciò che è
possibile
per uno non
lo è per un
altro, e
così, ad
esempio,
l'esercizio
di tale o di
tal'altro
mestiere
esige certe
attitudini
speciali, in
pari tempo
mentali e
corporee. In
questo caso,
la,
differenza
essenziale è
che si
tratta di
una attività
appartenente
al dominio
individuale,
attività che
non lo
oltrepassa
menomamente
e sotto
alcun
rapporto,
mentre, in
riguardo
all'iniziazione,
il risultato
da
raggiungere
è invece
oltre i
limiti
dell'individualità;
ma,
ripetiamolo
ancora,
quest'ultima
deve non di
meno essere
presa come
punto di
partenza, e
si tratta di
una
condizione
cui è
impossibile
sottrarsi.”

SEZIONE
"CULTO
DIVINO"