In
verità il
Tutto era
alla ricerca
di Colui dal
quale essi
provenivano.
Ma il Tutto
era in Lui,
quell'Uno
Incomprensibile,
Inconcepibile,
che è
superiore ad
ogni
pensiero»
(E. V. 17,
4-9).
Elemento
centrale
della
cosmogonia
barbelotiana,
è
rappresentato
dalla caduta
della Sophia
e dalla
conseguenziale
formazione
del mondo
manifestativo
dove lo
gnostico,
assieme ad
una
molteplicità
di altri
attori, si
muove
all'interno
del dramma
di una vita
avviluppata
da tenebre e
da ignoranza.
La Sophia,
nel sistema
degli Eoni
di
Valentino,
rappresenta
un'entità
posta al
limitare
inferiore di
questa
strutturazione
spirituale
emanata dal
Progenitore.
Essa, per la
precisione,
è insita sul
trentaduesimo
gradino e
rappresenta
la
controparte
femminile
dell'Eone
Theletus (Perfetto).
In questi
sistemi
gnostici, di
area
alessandrina,
gli eoni
sono delle
coppie di
opposta
polarità, i
quali sono
demandati ad
incarnare
specifiche
qualità
della radice
metafisica (il
Progenitore).
La loro
opera
creativa,
che in
genere si
riduce a
contemplare
il
protogenitore
ed emanare
la sizigia
inferiore,
può avvenire
solamente
attraverso
la sinergica
unione della
coppia
sacra.
Qualora
questo non
avvenga,
qualora un
eone decida
di creare
singolarmente,
il risultato
sarà
imperfetto e
turbativo di
quello che è
l'equilibrio
che regna
all'interno
del Pleroma:
la perfetta
idea si deve
tradurre
nella
perfetta
azione,
altrimenti
tutto decade
in una
mortifera
spirale di
separazione
e
grossolanità
All'interno
del Pleroma,
che è un
composito
insieme di
Eoni,
solamente il
Nous
(la
facoltà di
comprendere),
il
primogenito
può unirsi
con il
ProtoGenitore.
In altri
termini
solamente la
comprensione
dell'Ente
Emanante, è
cosa unica
con l'Ente
Emanante,
tutto ciò
che
differisce
da queste
due identità
è difforme
in quanto
espressione
di una
specifica
qualità
dell’Essere.
Ai singoli
Eoni è
quindi
impedito,
per loro
mancanza (d’altro
canto
possiamo
vedere,
avendo
riguardo ai
loro Nomi,
gli stessi
Eoni come
qualità
dello stesso
Intelletto:
dando vita
quindi ad un
composito
mosaico che
vede il Nous
comporsi e
scomparsi,
rimanendo
cosa unica,
nelle sue
molteplici
espressioni),
la
comprensione
e la totale
unione
identitaria
con la
Radice
Prima. Di
tale
condizione
di
separazione
così è
scritto:
«Era
un grande
prodigio che
essi fossero
nel Padre
senza
conoscerlo»
(E. V. 22,
27 s.).
Tale
tensione
ideale, al
limite del
sensuale,
determinava
un ardente
desidero in
tutti gli
eoni, una
sorta di
turbamento,
che li
spingeva a
ricercare
colui che
era il seme
della loro
esistenza e
rimaneva a
loro
comunque
occultato.
Possiamo
intravedere
in questo
protendere
ed anelare,
in questa
ricerca di
unione
ierogamica ,
il processo
di
svelamento
della
conoscenza.
La quale
procede
dalla
necessaria
presa di
coscienza di
uno stato di
mancanza e
di non
autosufficienza;
che può
essere
sanata, tale
deficienza,
solamente
attraverso
l'annullamento
della
separazione
fra l'eone
ed il
Protogenitore.
Siffatto
rapporto può
essere letto
come il
fluire e
defluire
delle onde
del mare,
che
lambiscono e
si tendono
oltre il
limitare di
loro stesse
per poi
essere
riassorbite
verso un
fulcro, un
centro,
promanante.
Questa opera
di
ricongiungimento
non era però
ardimento
individuale,
bensì gli
eoni tutti
dovevano
compierla
attraverso
la sinergica
comunione
con il
proprio
corrispettivo.
Ovviamente
tale
accezione
non ha
significato
relativo ad
un'identità
sessuale, ma
solamente
all'attitudine
espletata.
Per chiarire
questo punto
osserviamo
come la
controparte
maschile di
Sophia è
Theletus.
Esso ha come
significato
Perfetto, ma
tale
condizione è
conseguente
al suo
essere
ricolmo di
Saggezza
(Sophia), e
al contempo
la Saggezza
non sarebbe
tale se non
fosse
perfetta (Theletus).
Ecco quindi
la funzione
di comunione
biunivoca
degli Eoni:
La Saggezza
deve essere
Perfetta, il
Perfetto
deve essere
Saggio.
L’Intelletto
(la Fonte) è
Perfetto e
Saggio. Si
comprende
che siamo in
uno schema
dialettico
del processo
gnoseologico,
dove si
procede da
concetto e
da categoria
tramite la
ricerca
dialettica
del Vero. La
Sophia, come
vedremo,
rompendo
tale
algoritmo
conoscitivo,
lasciandosi
corrompere
dal
desiderio e
dall’emozione,
rinuncia
alla propria
controparte.
In ultima
analisi
possiamo
vedere la
capacità
creativa
degli Eoni,
come la
ricerca
della Verità.
Conclusa
questa
digressione
torniamo al
mito che ci
viene
succintamente
esposto da
Ireneo .
“che
chiamano
anche
Achmoth,
separata dal
Pleroma con
la sua
passione
ribolliva
spinta dalla
necessità
nei luoghi
dell’ombra e
del vuoto.
Infatti si
trovava al
di fuori
della luce e
del Pleroma,
priva di
forma e
aspetto,
come un
aborto,
poiché nulla
aveva
compreso.
Cristo,
avendola
compianta ed
essendosi
disteso
sulla Croce
con la sua
potenza, le
dette
formazione
secondo la
sostanza ma
non secondo
la gnosi.
Avendo fatto
questo,
corse di
nuovo su,
avendo
ritirato la
sua potenza,
l’abbandonò
affinché,
avendo
coscienza
della
passione che
l’affliggeva
a causa
della
separazione
dal Pleroma,
fosse spinta
verso la
realtà
superiore,
avendo un
aroma di
immortalità
lasciato a
lei da
Cristo e
dallo
Spirito
santo. […]
Formata e
diventata
cosciente, e
subito
restata
priva del
Logos che
stava con
lei
invisibilmente,
cioè Cristo,
si mosse
alla ricerca
della luce
che l’aveva
abbandonata
ma non la
poté
raggiungere,
perché
impedita dal
Limite. […]
Non potendo
superare il
Limite,
perché
mescolata
con la
passione, e
lasciata
sola al di
fuori, essa
cadde in
preda a ogni
genere di
passione,
molteplice e
varia:
dolore,
poiché non
aveva
compreso;
timore, per
paura di
perdere come
la luce
anche la
vita;
disagio per
questi
motivi: e
tutto ciò
nell’ignoranza.
E non, come
sua madre,
la prima
Sophia che
era Eone,
subì
alterazione
per le
passioni, ma
opposizione.
Le
sopravvenne
anche
un’altra
disposizione,
quella della
conversione
verso colui
che l’aveva
vivificata.
Così essi
raccontano
si è
costituita e
formata la
materia, da
cui è sorto
questo mondo.
Infatti
dalla
conversione
ha avuto
origine
tutta
l’anima del
mondo e del
Demiurgo,
tutto il
resto ha
tratto
origine dal
timore e dal
dolore” (Ireneo,
Contro le
eresie I 4,
1-2)
La Sophia,
l'eone
periferico,
sconvolta da
questa
tensione, si
slanciò con
impeto
passionale
verso il
Protogenitore,
abbandonando
così la sua
controparte
maschile.
Questa
spasmodica
ricerca la
condusse
alla follia
e alla
dimenticanza
in una sorta
di
ossessione
incestuosa,
che la portò
all'oblio di
quelle che
erano le
leggi che
governavano
il Pleroma.
Questo suo
slancio di
ricongiungimento,
che comportò
una grande
confusione
nel Pleroma,
fu arrestato
da colui che
regola la
cadenza
dell’agire
all’interno
del Pleroma
stesso:
l’Eone
Limite.
Determinò,
tale
provvidenziale
intervento,
che questo
incesto
divino non
venne
coronato dal
successo e
la Sophia
cadde nello
sconforto,
nella
lamentazione
e in un
profondo
abisso di
dolore; tale
condizione
l’avrebbe
condotta a
destabilizzare,
già scosso
dal suo
precedente
slancio
verso il
Protogenitore,
in modo
irreparabile
il Pleroma.
Ecco quindi
come Horos (Limite),
non solo
trattenne la
Sophia dal
suo sensuale
proposito,
ma la
indusse ad
accettare
l’incomprensibilità
del
Protogenitore.
Le
conseguenze,
malgrado
questo suo
rinsavimento,
furono
perniciose.
Ecco quindi
che oltre ad
una Sophia
che torna, a
seguito del
pentimento,
nella
sedicesima
sizigia,
abbiamo una
Sophia
inferiore o
Sophia
Achmoth
esclusa
dalla
Plenitudine
del Pleroma.
Quest’ultima
sussiste nel
cosmo,
ignorante
della sua
origine e
del mondo
del Pleroma;
essa può
essere vista
come la
sommatoria
di tutti gli
elementi
rubativi che
avrebbero
impedito
alla Sophia
di
ricollocarsi
all’interno
della
gerarchia
eonica: la
Sophia
Achmoth è lo
spurgo
catarsico
della
Sophia.
Successivamente
la Sophia
inferiore
prende
coscienza
della
propria
condizione e
cerca di
raggiungere
il Pleroma,
ma il Limite
le impedisce
di valicare
la
separazione
che divide
il mondo
spirituale
dal cosmo di
materia e
psiche. La
Sophia
inferiore
precipita
nella
disperazione
e da questa
disperazione
abbiamo la
generazione
di una nuova
sostanza
psichica da
trae origine
il Demiurgo.
«È
stata questa
ignoranza
riguardo al
Padre che ha
prodotto
Angoscia e
Terrore.
L'Angoscia
divenne
densa come
nebbia,
cosicché
nessuno
poteva
vedere.
Perciò
l'Errore si
fortificò,
Elaborò la
sua Materia
nel Vuoto»
(E.V. 17,
9-16).
E
ancora “Dallo
spavento e
dal senso di
impotenza,
come dagli
elementi più
oscuri,
hanno tratto
origine […]
gli elementi
corporei del
mondo: la
terra
corrisponde
alla fissità
dello
spavento,
l’acqua alla
mobilità del
timore,
l’aria
all’immobilità
del dolore:
in tutti
questi
elementi c’è
il fuoco
apportatore
di morte e
distruzione,
come nelle
tre passioni
è nascosta
l’ignoranza.”
Quindi
il refluo
psichico,
partorito
dalla Sophia
Achmoth,
venne
espulso dal
Pleroma e si
condensò in
quella
materia che
diede
origine non
solo allo
spazio
sottostante
al Pleroma,
uno spazio
disgiunto e
nato
dall’errore,
ma anche al
tempo. Il
tempo era
rappresentato
dal
movimento
della Sophia
verso il
Protogenitore
e dalla sua
caduta oltre
il Limite
del Pleroma.
Al contempo
il refluo
psichico si
tradusse
nella
materia
informe che
riempì,
assumendo le
varie forme
della
creazione
demiurgica,
lo spazio
sottostante
al Pleroma.
Giunti a
questo punto
della
narrazione,
le varie
scuole
gnostiche
apportano
numerose
varianti al
mito
principale;
cercherò,
onde non
frammentare
eccessivamente
l’esposizione,
di
riassumere
il senso
generale e
la
sottotraccia
filosofica
che animano
questa
costruzione.
Malgrado la
pace del
Pleroma sia
stata
ristabilita
nella sua
originaria
composizione
di
equilibrio
fra opposti,
abbiamo due
elementi di
novità che
inevitabilmente
non
permettono
un ritorno
alla
situazione
originaria.
Il primo di
questi
elementi è
l’esistenza
di un
qualcosa che
è posto
oltre il
Pleroma, un
cosmo frutto
della
condensazione
degli
elementi
psichici, e
quindi spuri,
della
Sophia.
Il secondo
elemento è
il timore,
da parte
degli Eoni,
che un
accadimento
del genere
possa
nuovamente
ripetersi.
Ecco quindi
che il
Protogenitore
promana una
nuova coppia
di Eoni.
Essi sono il
Cristo e lo
Spirito
Santo .
Compito del
Cristo,
elemento
dinamico, è
quello di
tranquillizzare
definitivamente
gli Eoni
attraverso
la
trasmissione
della Gnosi
e della
Verità
attorno
all’inconoscibilità
del Padre.
Al contempo
sua missione
è quella di
redimere il
Demiurgo e
ricondurre
al Pleroma
ogni stilla
di pneuma
disperso
durante la
caduta della
Sophia. Il
flusso
vitale di
conoscenza
che
trasmette il
Cristo è
rappresentato
dallo
Spirito
Santo.
A
conclusione
della
narrazione
delle
vicissitudini
della Sophia
inferiore, è
possibile
dire che
essa sarà
prigioniera
del Demiurgo
e degli
Arconti, i
quali le
infliggeranno
umiliazioni
e vessazioni
che sono
parte
integrante
del processo
di
redenzione e
di
espiazione,
necessario
al suo
finale
ricongiungimento
con il mondo
spirituale.
Sia
Dositeo che
Simon Mago,
entrambi
fondatori di
scuole
gnostiche
erranti,
individuarono
in questo
mito
l’elemento
centrale del
proprio
insegnamento,
il quale
prevedeva
che fosse
proprio
l’elemento
femminile
l’agente
attraverso
il quale la
Gnosi
dovesse
venire
trasmessa.
Questo
elemento era
rappresentato
dalla loro
compagna,
che assumeva
il nome di
Elena o
Selene
(Luna) e che
simboleggiava
l’errabonda
Sophia
inferiore.
Ecco quindi
come
l’elemento
femminile
sacro
assurga a
funzione di
agente di
cambiamento
e movimento
nella sua
duplice
direzione:
dal Pleroma
verso
l’esterno e
dall’esterno
verso
l’interno
del Pleroma.
Quale
messaggio
tali scuole
gnostiche
volevano
veicolare
attraverso
questa
narrazione e
in cosa essa
realmente si
concretizza?
L’elemento
centrale è
la
separazione
della
Sophia, poi
della Sophia
inferiore, e
successivamente
del Demiurgo
rispetto
alla
Conoscenza
espressa
dalla radice
del Pleroma.
Per la
Sophia
questa
Conoscenza è
rappresentata
dall’unione
con il
Protogenitore,
mentre per
la Sophia
terrena e
per il
Demiurgo
essa trova
nemesi dal
ricordo del
Pleroma: che
porta la
prima ad
anelare al
ritorno e il
secondo a
creare un
mondo che ne
è fallace
contraffazione.
In forza di
questa
separazione
ogni attore
compie un
movimento, e
da questo
movimento
abbiamo la
creazione di
una sostanza
psichica la
quale è la
materia e il
tempo che
colmano
questo
spazio.
Il
messaggio
raccolto in
questo
articolato
mito risiede
nell’impossibilità
di creare,
in modo
compiuto, in
assenza
della
naturale
controparte,
e al
contempo,
viene
sottolineato,
come ogni
creazione
debba essere
espressione
di
intelletto
ed armonia e
non di
passione e
squilibrio.
È questo il
gioco e il
giogo
dell’unione
degli
opposti
complementari.
La
scissione
fra la
Sophia, che
torna a
ristabilirsi
sul
sedicesimo
gradino
della
promanazione
enoica
all’interno
del Pleroma
assieme al
suo compagno
(Perfetto),
e la Sophia
Achmoth che
vaga, in
attesa di
redenzione,
nella
labirintica
e distopica
realtà
demiurgica
conduce ad
alcune
necessarie
riflessioni.
La
prima è
rivolta
all’inalterabile
composizione
del Pleroma,
il quale è
compiuto ed
è perfetto
nella sua
originaria
espressione
ed è tale
stato deve
essere
ripristinato
e mantenuto:
Spirito e
Intelletto
sono l’uno
la specula
dell’altro,
e il secondo,
nella sua
articolazione,
rappresenta
l’elemento
dinamico e
sensibile
del primo.
La Sophia
Achmoth deve
procedere a
ritroso,
dalla sua
condizione
di dolore e
tormento
dispesa nel
mondo Hylico,
cercando di
recuperare
la propria
memoria
spirituale,
onde
riconquistare
il Pleroma.
Ovviamente
ella è
dispersa,
frammentata,
in ogni
anfratto di
questa
orrida
creazione e
anche nello
stesso
Demiurgo è
presente: è
la straziata
Sophia
Achmoth, il
suo pneuma,
che anima
l’intera
creazione
inferiore.
La scissione
fra la
Sophia
Superiore e
Sophia
Achmoth
trova
fondamento
su di
un’immagine
primitiva e
perfetta,
che incarna
ciò che
essenzialmente
è. Tale
immagine si
deturpa a
causa di un
travalicamento,
di una
tracimazione,
in un’azione
dettata non
dal Nous, ma
inficiata
dalle
emozioni e
dal desidero
che da esse
ne consegue.
L’immagine
originaria
si preserva
all’interno
della
perfezione
immota della
Plenitudine
del Pleroma,
mentre
l’immagine
deturpata ne
viene
espulsa,
fino a
quando essa
non si sarà
mondata e
troverà
nuovamente
coincidenza,
ed
inevitabilmente
si annullerà
in essa,
nella
propria co-immagine
originaria.
Il processo
gnoseologico
nel suo
collassare
nell’ignoranza
determina la
materia, che
a sua volta
esprime e si
esprime nel
tempo e
nello spazio.
Al contempo
detto
processo,
nel suo
protrarsi
verso la
perfezione
spirituale,
determina il
riassorbimento
di ogni
manifestazione
nelle
proprie
radici: di
immagine in
co-immagine,
del numero
nella
potenza, del
movimento
nella quiete:
dall’assenza
della piena
conoscenza
alla
pienezza
della
conoscenza.