I primi anni
della nuova
era vedono
ancora Roma
preservare
il dominio
sul bacino
del
Mediterraneo,
le sue
legioni
erano
dislocate a
presidio di
territori
lontani dal
cuore
dell’Impero,
dove spesso
covava
desidero di
indipendenza
e rivalsa.
Al contempo
dobbiamo
sottolineare
come ai
confini
dell’Impero
Romano si
accalcavano
popolazioni
minacciose,
attratte
dall'opulenza
e dai
commerci
delle ricche
città che
prosperavano
di commercio
ed
artigianato.
A questa
crescente
insicurezza
politica
militare, si
aggiungeva
un declino
dell’attrattiva
esercitata
sui popoli,
da parte
delle
religioni
tradizionali.
Lo stesso
ebraismo era
ben lontano
da quella
caratteristica
di religione
monolitica
che in
genere siamo
abituati ad
attribuirgli.
Zeloti,
saducei,
esseni,
farisei e
mille altre
sette ne
frammentavano
la coesione,
l’interpretazione
delle sacre
scritture e
l’ortroprassi
spirituale.
Inoltre il
mondo
ebraico,
dominato dai
romani e
diviso dalle
perenni
diffidenze
reciproche,
era a sua
volta
tormentato
dalla
divulgazione
dei “rabbi”
di periferia,
dei
mistagoghi,
dei
guaritori e
dei profeti.
Giovanni il
Battista,
Gesù e Simon
Mago sono,
fra gli
altri,
esponenti di
questa
polverizzazione
profetica
che il
popolo
ebraico
viveva,
sospeso fra
una fede
legata a
leggi
immutabili
ed il
bisogno di
nuova linfa
mistica.
Roma, con la
sua visione
politica ed
inclusiva
della
religione
che portava
ad inglobare
e
romanizzare
le divinità
dei popoli
conquistati,
andava
perdendo
quel
colonnato
sociale che
legava i
cittadini
alle proprie
radici
culturali.
Un Impero,
così come
ogni altra
organizzazione
sociale
umana, non è
una semplice
sommatoria
di persone
che trovano
identità in
un angusto
presente
fatto di
politica,
regole,
consuetudini
ed economia.
Esso deve
saper
offrire sia
una visione,
onde dare
senso agli
sforzi dei
suoi
componenti e
al loro
sacrificio,
sia una
radice che
sappia
creare una
continuità
con quanto è
stato, e che
ne determina
il senso di
identità. La
visione che
Roma offriva
era quella
di luce
della
civiltà e
dell’ordine,
ma come
abbiamo
visto questa
fiamma
iniziava ad
essere
tremolante
sotto la
spinta
demografica
e militare
delle
popolazioni
barbariche.
La radice
era
rappresentata
dalla
religione
degli
antichi
padri; ma
essa,
completamente
divelta del
suo aspetto
misterico in
quanto resa
“cosa
pubblica”,
era ormai
confusa e
frammista
alle
infinite
religioni,
credo e
testimonianze
spirituali
portate a
Roma dai
Legionari,
dai pubblici
funzionari e
dai
commercianti.
In questo
affresco è
facile
intuire come
il
cristianesimo,
e non solo
esso,
riusciranno
nei decenni
seguenti
all’anno
zero a
diffondersi
in modo
repentino.
La stessa
persecuzione
dei
cristiani,
il loro
essere
costretti a
celebrare i
riti nelle
catacombe,
l’idea della
remissione
dei peccati
e della
rinascita
dopo la
morte “in
assoluta
libertà”
era,
all’interno
di una
società
schiavista e
classista,
estremamente
rivoluzionaria
e seducente.
L’altro polo
che ebbe un
ruolo
formidabile
nella genesi
dello
gnosticismo,
dopo Roma e
il mondo
ebraico, fu
Alessandria
d’Egitto.
Quando parlo
di
Alessandria
d’Egitto,
come del
resto avremo
l’opportunità
di vedere
fra breve,
non mi
riferisco
tanto
all’importanza
politica e
commerciale
di questa
città,
quanto
all’essere
una sorta di
piazza, dove
la cultura
d’oriente e
di occidente
continuamente
trovavano
crogiuolo.
Alessandro
Magno aveva
ellenizzato
l’oriente,
ma così
facendo
aveva
orientalizzato
la filosofia
classica;
ecco quindi
che gli
antichi miti
della Grecia,
le lineari
speculazioni
filosofiche,
si erano
arricchite
di quella
sensuale ed
arabescata
narrazione
tipica del
mondo
orientale;
il panorama
religioso,
filosofico e
spirituale
classico ed
ebraico che
comunque
vedeva un
Ente o una
pluralità di
Enti
creatori di
questa
nostra
manifestazione
e benevoli
con l’uomo,
trova adesso
nuove
riflessioni;
irrompe il
dualismo
tipico
dell’area
mesopotamica,
e le
speculazioni
fra ciò che
è reale e
ciò che non
è reale,
peculiari
dell’aria
orientale.
Questo
insieme
composito,
ed ancora
slegato,
trova il
proprio
catalizzatore
ed
acceleratore
nella crisi
dell’Impero
Romano, che
come un
guscio
preservava
le vestigia
di questo
tesoro
filosofico e
spirituale.
La profonda
crisi del
mondo
classico,
l’instabilità
politica e i
nuovi
divulgatori
sono i tre
elementi che
determinarono
la nascita
della
molteplice
narrazione
cristiana e
la sua
diffusione
all’interno
del mondo
romano.
Essendo essa
una
traduzione
in chiave
squisitamente
divulgativa,
e quindi
fruibile per
le masse, di
precetti
morali e
spirituali,
ebbe una
duplice
caratteristica:
la prima,
così come
tutti gli
insegnamenti
orali, era
la sua
estrema
malleabilità
e soggezione
ad essere
modulata in
forza del
popolo o del
gruppo di
ascolto (osservando
la struttura
delle
cosiddette
parabole
notiamo che
esse sono
rivolte a
diversi
contesti
sociali:
contadini,
artigiani,
mogli, ecc);
la seconda è
che essa
poteva
essere il
vettore, il
“Cavallo di
Troia”, per
altri
messaggi.
Del resto
dobbiamo
convenire
come i Padri
del
cristianesimo
furono Paolo
di Tarso,
Agostino
d’Ippona e
Lattanzio;
non certo
Gesù il
quale, a ben
vedere, era
uno dei
numerosi
profeti
erranti che
camminavano
lungo le vie
della
periferia
dell’Impero
Romano.
Questo non
vuole
certamente
sminuirne la
figura
spirituale e
neppure
ridimensionarne
l’impatto
storico, ma
bensì
contestualizzare
la medesima
all’interno
di un quadro
più ampio.
Un quadro
che lascio
al lettore
decidere se
è stato
dipinto
dalla mano
dell’uomo,
del caso o
del Divino.
La
narrazione
cristiana si
presentava
così come
uno
strumento
agile e
modulare, in
quanto
permetteva
di penetrare
al contempo
classi
sociali
diverse,
senza
necessitare
di
particolare
erudizione.
Sarebbero
stati poi i
vari uditori,
in forza
della
propria
formazione,
a leggervi
gli aspetti
più
congeniali
al proprio
bisogno
spirituale.
Lo schivo vi
intravide la
futura
libertà, il
legionario
il
sacrificio
per la
comunità, la
madre il
dolore per
la perdita
del figlio,
il probo la
rettitudine
morale, il
sapiente la
possibilità
di portare
la lettura
di esse su
di un piano
più
raffinato ed
elevato e
così via. La
stessa
figura di
Gesù si
prestava a
molteplici
attribuzioni:
rabbino di
periferia,
cittadino
romano ed
infanzia
trascorsa in
fuga in
Egitto. Un
cittadino
del mondo,
si potrebbe
oggi
affermare, e
come tale
utile per
riscuotere
simpatie da
parte di
ognuno dei
suoi postumi
uditori.

SEZIONE
"GNOSTICISMO"